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Questa è la prima di una serie di interviste nate come commento all'ultimo video pubblicato da @PeopleMakeGame uno dei più noti canali di approfondimento videoludico che si occupa principalmente di indagini sull’industria videoludica, sulla vita di chi i videogiochi li produce, su come li fa e su cosa ci gira intorno. In questo caso si tratta di un video-saggio sul “wargaming governativo”. Al netto di alcune parti un po' ingenue e scontate per chi conosce l'argomento, è molto interessante il taglio che hanno deciso di dargli. Si sono concentrati, infatti, sul dilemma etico/deontologico di cosa possa comportare collaborare con apparati governativi soprattutto militari, proponendo punti di vista contrastanti e stimolanti, il tutto con un accento un po' polemico e un po' esortativo nei confronti della comunità di game designer. Il punto è spingere questa a non autoconfinarsi dietro il paravento dell"inutilità" del gioco, a non proteggersi dalle implicazioni politiche del proprio operato, assumendosi maggiormente la responsabilità che dovrebbe avere chi manipola uno strumento potente, uno strumento con possibilità reali di influenzare diversi processi. Questo però è solo il punto di partenza della nostra indagine, il trampolino dal quale cercheremo di lanciarci per allargare un po’ il discorso . La serie di interviste che vorremmo portare avanti avrà infatti un nucleo teorico ("filosofico" se vogliamo) rappresentato dal rapporto tra "gioco" e "strumento", tra "giocosità" e "utilità", tra "giocatore” e “utilizzatore”. Il tutto declinato però non in maniera speculativa astratta ma cercando di seguire esperienze concrete di rapporto tra game design e istituzioni . Specifico che per "istituzioni" non si intende quì solo l'esercito o la scuola o l'amministrazione pubblica, ma anche tutti quegli ambiti di mercato/aziendali che ormai da diversi decenni cercano di attingere dalle conoscenze di game design. Questo mondo, quello istituzionale/aziendale, prende molto più sul serio il mondo del "gioco" rispetto al passato e forse rispetto alla comunità di game designer stessa. Al contrario quest'ultima sembra essere il soggetto maggiormente impegnato a difendere una visione "disinteressata" e "disimpegnata" del gioco. Se i giochi sono “inutili” per definizione, perché interessano così tanto ai militari, persone per le quali l"utilità" è una questione letteralmente di vita o di morte ? Ma i giochi possono veramente aiutare ad uccidere le persone ? E se sì, allora sono anche in grado di aiutare a salvarle ? Ne parliamo con Francesco Rugerfred Sedda e Beatrice Sgaravatto. Riferimenti e link nel primo commento. "You can’t make a game about that" by Richard Dansky • GGC 2015: "You can’t make a game abou... POPPY GAME INSULT TO OUR WAR DEAD by Ahoy • POPPY GAME INSULT TO OUR WAR DEAD