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Peppino Viggiani, poeta popolare di Avigliano (L'ARCHIVIO.35) 2 месяца назад


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Peppino Viggiani, poeta popolare di Avigliano (L'ARCHIVIO.35)

@ANTROPOLOGO A DOMICILIO Le generazioni precedenti, specie quelle contadine, con le parole ci giocavano. Le trasformavano, ne inventavano di nuove, aggiungevano doppi e tripli sensi. Non le lasciavano mai immobili. Le parole erano in prima linea per corteggiarsi, prendersi in giro, sfidarsi, tessere relazioni positive o anche negative, ingiuriarsi. E per sentirsi a casa, in comunità. Le parole consegnateci dalla tradizione, in versi o senza versi, in musica o senza, erano gli strumenti privilegiati per stare insieme. Dobbiamo figurarci il mondo delle parole, e della musica che spesso le accompagnava – ciò che oggi si chiamano beni immateriali di tradizione orale - non come patrimoni immobili e inerti passati di generazione in generazione: le parole vivevano insieme alle persone e come queste mutavano. Nascevano, diventavano adulte e forti, tanto da resistere ai secoli. Oppure, quelle deboli, ben presto morivano. Scomparivano nel flusso del tempo. E c’erano parlanti più bravi, che primeggiavano, imparavano a fondo ciò che era stato loro tramandato e ci giocavano sopra (ciò che in realtà veniva tramandato non era tanto il repertorio delle parole, ma il codice che permetteva di usarle, riusarle, inventarle, giocarci sopra). Costoro, talvolta venivano indicati come “poeti”, e da loro ci si aspettava che creassero versi per festeggiare – e talvolta fronteggiare - gli eventi collettivi o familiari. Molto spesso erano analfabeti, ma conoscevano l’alfabeto meglio di tanti, cioè conoscevano il gioco sonoro dei contrasti fonologici, sintattici, semantici e pragmatici. Erano maestri, pur essendo rubricati come “analfabeti”. Alcuni sapevano scrivere, custodivano quadernetti dove scrivevano le loro invenzioni, per poi leggerle negli incontri sociali. In questo numero dell’Archivio, metto due frammenti di uno di questi poeti, Peppino Viggiani, di Avigliano, in provincia di Potenza. Le registrazioni dei due documenti risalgono al 1980, furono fatte da Angela Viggiano, allora laureanda in antropologia culturale. Peppino Viggiano aveva allora settant’anni, era nato dunque intorno al 1910. Il primo frammento è la sua autopresentazione in versi. Il secondo è uno straordinario elenco di soprannomi associati ai numerosissimi paesani di nome “Peppe”. Peppino Viggiani li aveva raccolti e declamati nel 1959, in occasione della festa di san Giuseppe, per dare gli auguri ai Peppe suoi compaesani. Sono ben 178, e danno un’idea dei giochi linguistici associati già solo ai nomi di persone. Sullo schermo nero (non ho immagini di Peppino Viggiani) compare la traduzione del testo in italiano per il primo frammento. Italiano e non dialetto: ciò che per me conta è da una parte salvare il documento orale, dall’altra favorire una rapida comprensione da parte di chi ascolta-legge. Il secondo frammento è invece lasciato al libero flusso del dialetto che produce soprannomi.

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