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L'esplorazione definitiva del mega bunker della guerra fredda, iniziata nella puntata precedente del video, continua. Vogliamo studiare approfonditamente quello che fu un segretissimo sito della NATO per capire tutti gli accorgimenti che avrebbero permesso ai militari di sopravvivere ad un attacco con armi nucleari e gestire le fasi successive nell'eventuale ipotesi di un conflitto. Per decenni infatti questo è stato uno dei bunker più importanti d'Europa, è può essere considerato a pieno titolo come uno degli emblemi della guerra fredda presenti in Italia. Una porta blindata dal peso di svariate tonnellate, ha nascosto per decenni un mondo buio e misterioso, nel quale stiamo ora per entrare con la sensazione fare un salto indietro nel tempo di 70 anni. Erano infatti gli anni '50 quando l'Alleanza Atlantica iniziò a costruire questa enorme complesso sotterraneo, nel più assoluto riserbo. I lavori per la costruzione di questa base iniziarono attorno al 1955, e furono completati nel 1958 quando essa divenne pienamente operativa. Rimase attiva fino al 1996, anno della chiusura definitiva. Decenni di abbandono hanno ridotto la struttura ad una condizione di profondo degrado, e purtroppo la visita si svolge in un ambiente totalmente devastato dall'umidità, ma soprattutto da inutili atti vandalici e continui saccheggi. Un breve corridoio dotato di cancello conduce al tunnel servizi, il quale corre parallelamente alla galleria di accesso e connette le 5 sezioni del bunker. Esso ospita anche locali tecnici, impianti e magazzini. La base si sviluppa su due livelli, collegati sia al piano terra che a quello rialzato, attraverso un passaggio. Una zona era sotto il controllo esclusivo degli Stati Uniti, interdetta ai militari italiani, ed erano presenti aree riservate protette da serrature codificate in cui l'accesso era regolato da specifiche autorizzazioni. Proto, ovvero prototipo, era questo il nome dell'enorme complesso sotterraneo, di cui si hanno tuttora pochissime notizie certe. Uno degli scopi principali di questa struttura era di garantire una sede protetta al Comando delle forze alleate del Sud Europa (AFSOUTH), all'epoca di stanza a Bagnoli (NA). Inoltre fungeva da posto di comando e centro trasmissioni strategico con funzioni di controllo per l'organizzazione e direzione delle esercitazioni NATO nell'area del Mediterraneo. Costruita in profondità all'interno del monte Petrino, la base era progettata per resistere ad attacchi nucleari, chimici e batteriologici. Inoltre era dotata di protezioni elettromagnetiche (EMP), impianti di aria pressurizzata, varchi anti radiazioni e generatori di corrente in modo da poter continuare a svolgere i suoi compiti anche in caso di attacco nucleare, garantendo la sopravvivenza ai 300 militari di equipaggio per un lasso di tempo stimato tra le 4 e le 8 settimane. L'esplorazione si articola sui 2 livelli della base, in un contesto di devastazione e degrado indescrivibili. Tuttavia alcune zone meno fatiscenti sono ancora ben riconoscibili nelle relative funzioni originarie, e proprio in queste aree si concentra maggiormente la nostra attenzione. Il complesso sotterraneo è talmente vasto da richiedere quasi un'intera giornata per riuscire a visitare la miriade di ambienti e vani tecnici, con cercando di scoprire le funzioni dei reperti ancora presenti. La parte più interessante è certamente la cosiddetta "war room", ovvero la grande sala operativa dalla quale venivano gestite la parte tattica delle operazioni militari, ma anche le esercitazioni periodiche. La visita della zona tecnica permette di scoprire alcuni dettagli costruttivi degli impianti, i quali avrebbero dovuto garantire la sopravvivenza dei militari in caso di attacco nucleare. Le ricerche sono state fatte in collaborazione con A.I.S.F. (Associazione Italiana per lo Studio delle Fortificazioni) http://www.fortificazioni.net/indici/... / associazioneitalianastudiofortificazioni