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Curcio, Moretti e Balzerani dichiarano conclusa la lotta armata BRIGATE ROSSE 4 года назад


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Curcio, Moretti e Balzerani dichiarano conclusa la lotta armata BRIGATE ROSSE

Il 21/03/1988 Barbara Balzerani, Renato Curcio e Mario Moretti, durante una pausa del processo Moro Ter, rilasciano una intervista a Ennio Remondino del TG1 in cui pongono la questione di una “soluzione politica”. La lotta armata è definitivamente conclusa e le Brigate rosse hanno terminato la loro funzione perché in Italia sono ormai scomparse quelle contraddizioni sociali che, a partire dalle seconda metà degli anni ' 6O, avrebbero generato il terrorismo nel nostro Paese: così Renato Curcio, Mario Moretti e Barbara Balzerani hanno messo, una volta di più, la loro parola fine agli anni di piombo. I tre capi storici delle Br, intervistati nel corso dello Speciale Tg1 di ieri sera, hanno dibattuto della strage di via Fani e del sequestro Moro, dei motivi che furono alla base della lotta armata, delle vittime e dei loro parenti, per i quali Curcio ha detto di comprendere il dolore. Volti appesantiti, capelli imbiancati (in particolare Curcio), voci monocordi, i tre detenuti hanno affrontato l' esame delle telecamere senza mai sorridere. Pur dichiarando conclusa la lotta armata, non hanno tuttavia ammesso la sconfitta delle Br. Nel corso dell' intervista, rilasciata al giornalista Ennio Remondino durante una fase del processo Moro-ter, Curcio si è assunto tutte le responsabilità, politiche e morali, degli anni di piombo, compresi i fatti di sangue; Mario Moretti ha ribadito che non esistono più misteri sul caso-Moro; Barbara Balzerani ha riconosciuto che ormai la lotta armata è superata, ma si è guardata bene dal sollecitare i terroristi ancora in libertà a deporre le armi. Mario Moretti, da parte sua, ha spiegato il rapimento e l' assassinio di Aldo Moro con il ruolo che in quegli anni andava assumendo la Dc, e negando l' ulteriore esistenza di retroscena, di documenti, di registrazioni o di filmati inediti riguardanti la vicenda. I tre capi br non hanno mancato di spezzare una lancia a favore della pacificazione nazionale, che a loro giudizio dovrà passare, però, attraverso quella che hanno chiamato la soluzione politica per i terroristi attualmente detenuti, che per Curcio, Moretti e Balzerani vanno posti in condizione di parità con tutti gli altri cittadini. Curcio, nell' assumersi la responsabilità degli omicidi, dei ferimenti e degli attentati compiuti dalle Br, ha ammesso, con Moretti, che il dolore dei parenti che hanno perduto le persone care è una lacerazione insanabile, aggiungendo che occorre però uno sforzo collettivo per capire le ragioni di quegli anni perché non si possa più parlare di morti inutili. A Barbara Balzerani, che ha sostenuto che l' operazione Moro fu un' azione politica assolutamente coerente con quello che allora era il dibattito interno al movimento, ha fatto eco Curcio, precisando che i brigatisti che al tempo del rapimento del presidente della Dc erano in prigione, secondo una regola comune dell' organizzazione, non ebbero alcuna parte nella gestione del sequestro. Cercando di giustificare la nascita delle Br, ancora Curcio ha sostenuto che in Italia ci sono stati 150 morti per terrorismo prima della nostra nascita, cioè prima del primo morto delle Br, aggiungendo che non si deve dimenticare che le Br sono nate negli anni in cui i conflitti sociali e politici erano elevatissimi. C' era chi sparava sugli operai ad Avola ha ricordato Curcio chi gettava dalle finestre della questura Pinelli, chi uccideva la gente che andava a fare i versamenti in banca a Milano. Curcio (che deve scontare 70 anni di carcere) ha anche ammesso d' aver fatto tantissimi errori personali e politici, tra cui quello d' essersi allontanato da casa a vent' anni. Però ha sostenuto che quella delle Br è stata lotta armata, non terrorismo e che il terrorismo nel paese lo hanno fatto altri, a piazza della Loggia e a piazza Fontana. Per lui, le Br hanno semplicemente raccolto una spinta presente e diffusa nel paese. Stessa analisi da parte di Moretti, secondo cui quello che ostacola la soluzione del problema dei prigionieri politici è proprio la mancanza di volontà di riflettere e di riconoscere che non tutto, già allora, era facilmente distinguibile tra buono e cattivo, tra giusto ed ingiusto, tra chi aveva torto e chi, invece, ragione. (La Repubblica, 22 marzo 1988)

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